
Oltre il pellet e l’agripellet: le biomasse torrefatte e pellettizzate
Gio, 07/06/2018 - 13:01 0 commenti 3183 views
Abbiamo raccontato come, sia per il mercato B2B che per quello B2C, la ricerca scientifica e industriale stia tentando ogni strada per ridurre la dipendenza dalle fonti fossili, cercando di promuovere, adottando i principi dell'economia circolare, le biomasse come combustibile alternativo, ecologico e sostenibile.
L’uso delle biomasse come alternativa ai combustibili fossili è una delle opportunità più utilizzate, vuoi per la grande disponibilità di prodotto di base e vuoi per economicità e praticità di utilizzo.
Le materie prime utilizzate sono solide, liquide e gassose e spesso non troverebbero altro utilizzo se non lo scarto o quello di venire bruciate senza controllo e in tutte e due i casi con danno per l’ambiente, mentre, con la valorizzazione energetica degli scarti e dei residui, si ottiene non solo un positivo bilancio CO2, ma anche del biocombustibile di apprezzabile qualità.
Pellet e agripellet hanno però i loro limiti e difficoltà sia nel processo di produzione che per le loro caratteristiche fisiche e chimiche:
- Sono ricavati spesso da prodotti stagionali e quindi, se si vogliono mettere in piedi grandi quantitativi, bisogna prevedere costosi stoccaggi
- La relativa umidità comunque riduce il loro contenuto energetico e la conservabilità
- La variabilità della materia prima di base (specie per l’agripellet) sia in termini chimici che fisici, rende la materia prima instabile e difficilmente standardizzabile
- Le diverse dimensioni del prodotto di base, oltre che le diverse caratteristiche meccaniche, rendono difficile la lavorazione oltre che la raccolta, lo stoccaggio e il trasporto
- La relativa concentrazione energetica li rendono meno competitivi rispetto ai combustibili fossili
Le biomasse residuali, che comunque hanno vantaggi legati alla loro disponibilità a prezzi contenuti, hanno, rispetto alle biomasse più pregiate come legno di derivazione forestale, caratteristiche qualitative oggettivamente inferiori: per questo sono in corso ricerche relativamente a trattamenti meccanici e termici tendenti a ottenere biocombustibili più omogenei e standardizzabili.
Le lavorazioni meccaniche (bricchettatura o pellettizzazione) tendono a risolvere problematiche di stoccaggio, trasporto e alimentazione dei sistemi produttivi.
I trattamenti termici possono essere di gassificazione, di pirolisi e di torrefazione.
Sono processi che avvengono a temperature piuttosto elevate e in quasi assenza di ossigeno.
In questo processo di calore, e presenza scarsa o nulla di ossigeno, si producono modifiche strutturali della cellulosa, della emicellulosa e della lignina che portano alla produzione di prodotti combustibili solidi o gassosi di maggiore qualità.
La torrefazione in particolare sta concentrando le attenzioni della ricerca.
Il processo della torrefazione è nato con il caffè e il tè, ma per questi prodotti il processo avviene a temperature relativamente alte e in presenza di ossigeno.
Per il legno, la torrefazione è stata usata inizialmente per la produzione di botti o di componenti di barche.
Da qualche tempo ha trovato applicazione nel settore della produzione dei biocombustibili con l’obiettivo di realizzare biocombustibili che vadano a sostituire in particolar modo il carbone, che prima veniva usato per la produzione di energia elettrica.
Il processo di torrefazione avviene a pressione atmosferica, assenza di ossigeno e temperatura di 200/300°.
Questo processo produce nel legno delle mutazioni che hanno effetti molto positivi sulle caratteristiche di quello che sarà un nuovo biocombustibile:
- Abbassamento del tasso di umidità
- Maggiore densità energetica
- Forte calo della igroscopicità
- Modifica delle proprietà meccaniche (piu’ porosità, più fragilità, minore resistenza meccanica) che portano a migliore macinabilità
Queste nuove caratteristiche del prodotto finiscono per renderlo molto simile ad alcuni combustibili fossili.
Con la torrefazione il biocombustibile assume una serie di nuove e vantaggiose caratteristiche:
- Più stabilità biologica e maggiore possibilità di stoccaggio per lunghi periodi e all’aperto
- Possibilità di pellettizzare il prodotto ottenendo pellet molto densificato e minore consumo energetico rispetto alla pellettizzazione tradizionale
- Possibilità di mescolare il prodotto torrefatto al carbone.
- Aumento del potere calorifico (legno 17/19 Mj X kg prodotto torrefatto 18/23 Mj Xkg per prodotto secco)
Si è provato a torrefare diverse biomasse residuali quali:
- Paglia
- Stocchi
- Buccette di pomodoro
- Sansa
- Vinacce
E per tutti i prodotti si è sempre ottenuto un aumento del potere calorifico e una struttura più omogenea, che si avvicinava a quella dei combustibili solidi.
La torrefazione ha pertanto molti vantaggi ma non riesce a risolvere quello che è il problema centrale di queste biomasse residuali dell’agripellet: le ceneri.
Si stanno ora testando nei nuovi processi di torrefazione, condotti in ambiente acquoso, che pare riescano ad abbattere il contenuto di ceneri.
Potrebbe allora essere il decollo definitivo del pellet torrefatto.
Scritto da Gianclaudio Iannace
Categoria di Biomassa:
Pellet