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Prezzo del pellet raddoppiato in pochi mesi: quanto durerà e cosa possiamo fare per limitare i danni

TUTTO QUELLO CHE C’E’ DA SAPERE SUL FOLLE AUMENTO DEL PREZZO DEL PELLET

La questione è semplice: il prezzo del pellet è piu’ che raddoppiato nel giro di sei mesi e, se non basta, non se ne trova.

In un articolo del 1 marzo 2022 https://www.biomassapp.it/blog/prezzo-del-pellet-20222023 lo avevamo previsto, ma non si poteva immaginare un incremento del prezzo del pellet di questa dimensione.
 
E’ ragionevole pensare che fino a marzo 2023 niente possa invertire la rotta del prezzo del pellet, ma vale la pena fare qualche considerazione e provare a capire come, in futuro si possa evitare o perlomeno limitare una problematica di questo tipo.

Stiamo vivendo da otto mesi la guerra che la Russia ha portato in Ucraina e subiamo, ogni giorno di piu’, il ricatto del gas e l’effetto amplificativo della speculazione che viene giustificata dal ricatto stesso, una vera arma economica contro tutta l’Europa (grazie Merkel, grazie Schroder e grazie a tutti gli atri Governi europei che hanno scelto la via piu’ facile, comprando l’allora economico gas russo e consegnandoci, mani e piedi alla Russia, una pericolosa autocrazia).
 
In Italia anni di demagogia e di no (5stelle e a traino il PD) hanno bruciato i ponti ad ogni alternativa: no al nucleare, no alle trivellazioni gas, no al petrolio in Basilicata, no ai gassificatori, no al carbone, no perfino al pellet e alla legna da ardere! E adesso dobbiamo trovare, in pochi mesi, anzi settimane, soluzioni che richiedono anni per essere attuate (con il gas produciamo il 40% della energia elettrica).
 
La scintilla di ogni tensione è il gas, una risorsa in mano a pochi, che noi avevamo scelto di comprare per il 45% dei nostri consumi complessivi dalla Russia e che adesso cerchiamo di acquistare, a prezzi altissimi, da Paesi spesso amici di Putin (su tutti l’accordo con l’Algeria, Paese legatissimo alla Russia e che è infatti tra i pochi a non aver votato le sanzioni contro quest’ultimo).
 

 
Il gas, oltre a essere utilizzato dalle aziende per i loro processi produttivi o per produrre energia elettrica, serve a riscaldare 17,5 milioni di abitazioni: l’impatto di questo problema ci tocca tutti.
L’incremento del gas ha trascinato al rialzo tutti gli altri combustibili compreso il prezzo del pellet e le altre biomasse.
 
In Italia abbiamo 2,5 milioni di stufe a pellet e il problema sta proprio qui: si è scelto il pellet come combustibile praticamente unico per questi impianti domestici senza dare alternative al consumatore.
 
Non solo il sistema di riscaldamento domestico si è mostrato fragile nella rigidità determinata dalla scelta di produrre e vendere impianti che per la massima parte vanno solo a pellet, ma si è fatta anche la scelta di criminalizzare la vendita di pellet non certificato, promuovendo l’idea che solo quello certificato ENPlus sia “legale”.
Tutto questo ha portato a una dipendenza esclusiva dal pellet per chi possiede stufe a biomassa (anzi, stufe a pellet) e alla promozione, da parte di associazioni di categoria e produttori, del solo pellet certificato spiegando che solo questo consente agli impianti di funzionare in modo corretto: NON E’ COSI’.
Abbiamo spiegato in un precedente articolo  https://www.biomassapp.it/blog/posso-comprare-il-pellet-non-certificato, che la norma che disciplina il pellet è la ISO UNI 17225-2 ed è a questa alla quale che si deve fare riferimento per giudicare se un pellet è adatto ad uso domestico o industriale o non rientra in nessuna delle due categorie.

Facendola semplice se la Guardia di Finanza deve controllare la qualità del pellet non utilizza i paramenti ENPlus, certificazione privata con la quale un produttore puo’, pagando, scegliere di qualificare qualitativamente il suo prodotto, ma quelli della norma ISO UNI 17225-2.
In questi ultimi anni si sono promossi non tanto gli interessi dei consumatori, ma quelli di aziende private di certificazione.
 
Sul pellet non si è data la giusta informazione agli utenti, inducendo paranoie come il sacro Graal delle ceneri che si cercano sempre piu’ improbabilmente basse, mentre la norma UNI ISO 17225-2 pone il limite di questo valore per il pellet domestico al 2%: oggi proporre un pellet scrivendo sulla busta “ceneri uguali o inferiori al 2%” significa non venderlo mentre è assolutamente conforme all’utilizzo domestico.
Ne’ si è lottato in modo convincente e convinto per l’abbassamento dell’IVA sul pellet che oggi rimane l’unica biomassa con IVA al 22% invece che al 10%.
 
Tutto questo ha contribuito ad un forte aumento del prezzo del pellet.
Per concludere proviamo a essere concreti e a dare qualche suggerimento:
 
Compriamo stufe policombustibili
 
Compriamo stufe che possano utilizzare biomasse reperibili sul nostro territorio
 
Proviamo anche per le stufe a pellet alternative compatibili con l’impianto: noi abbiamo testato con successo i gusci di pistacchio 
 
Compriamo pellet non necessariamente certificato
 
Facciamo pressione a tutti i livelli perché l’IVA sul pellet scenda, come per tutte le altre biomasse, al 10%.
 
Nelle difficoltà servono creatività, elasticità e capacità di correggere i nostri errori, anche da parte di chi, in questi anni, si è iscritto alla categoria degli “esperti”.
 
Ma di svolte vere sul prezzo del pellet se ne parlerà non prima di marzo 2023.

 

Categoria di Biomassa: 
Pellet
Categorie altri prodotti: 
caldaie, stufe e camini

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Pubblicato da Gianclaudio Iannace
cartavi
Lunedì, 28 Novembre, 2022 - 17:50
ottimo ma gia lo sapevo,alla prossima Grazie