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2023-2033 C’è’ futuro per il pellet?

TRA FLUTTUAZIONE DEI PREZZI, CRISI GEOPOLITICHE, DECARBONIZZAZIONE, C’E’ FUTURO PER IL PELLET?

Il prezzo del pellet nel 2022 è arrivato anche a triplicarsi, un fatto improvviso e abbastanza imprevisto nella dimensione, dopo 15 anni di prezzi stabili che avevano incoraggiato i consumatori ad acquistare stufe a caldaie, motivati da un costo energetico competitivo rispetto al gas.

Il 2023 è iniziato con un forte calo del prezzo del pellet, ampliato anche dal provvedimento del Governo che, con la Finanziaria 2023, ha abbassato l’IVA sul pellet di 12 punti portandola, come prima del 2015 e come per tutte le altre biomasse energetiche, al 10%.

Abbiamo cercato di seguire e motivare tutto quello che è successo nel corso dello scorso anno con una serie di articoli https://www.biomassapp.it/blog/che-succede-al-prezzo-del-pellet   https://www.biomassapp.it/blog/prezzo-del-pellet-raddoppiato-pochi-mesi-quanto-durera-e-cosa-possiamo-fare-limitare-i-danni ora proviamo a guardare a quello che potrà accadere nei prossimi anni.

Per capire se il pellet continuerà ad essere un combustibile di successo (come è stato negli ultimi 15 anni con tassi di crescita molto importanti), dobbiamo guardare al mercato globale, perche’, se è vero che l’Italia rappresenta il maggior consumatore di pellet ad uso domestico, è anche vero che il nostro consumo rappresenta il 15% del mercato mondiale nel settore domestico ma solo il 6% se aggiungiamo anche il mercato del pellet ad uso industriale (fig 1)

C’è da considerare che la nostra capacità produttiva di pellet è limitata a 400.000 tons anno contro un consumo complessivo di circa 3.500.000 di tons anno e questo ci rende particolarmente sensibili alle fluttuazioni del mercato internazionale, dal quale ci approvvigioniamo.

Tra gli eventi che hanno condizionato a livello geopolitico i prezzi e la disponibilità del pellet nel 2022 c’e’ la guerra che la Russia ha portato alla Ucraina e l’inflazione, che ha fatto schizzare in alto anche i tassi di interesse.

Ci sono poi le valutazioni di tipo politico, ovvero quale ruolo i Governi mondiali vorranno riconoscere al pellet in un quadro di contenimento degli effetti del cambiamento climatico e quali saranno le conseguenti politiche di decarbonizzazione, confidando che, un indirizzo razionale, riconoscerà al pellet di legno un ruolo nel passaggio verso fonti energetiche definitivamente pulite e inesauribili, un percorso che richiederà non meno di venti anni.

Il pellet è una commodity prodotta a venduta in tutto il mondo e fattori che ci sembrano completamente estranei, possono influenzarne disponibilità e prezzo.Tra i principali produttori di pellet gli USA e il Canada con il 45% della produzione mondiale. (tab 1)

I produttori di pellet hanno tre principali voci di costo: energia, mano d’opera e legno. Proprio il costo del legno rappresenta la maggiore preoccupazione per i produttori

Le fabbriche di pellet sono delle aziende “bottom feeders” ovvero colgono l’opportunità di legno a basso costo comprando scarti e sfridi dalle segherie (in genere il 40% del volume lavorato finisce in segatura, trucioli ecc) e dalle lavorazioni boschive.

Negli ultimi mesi l’aumento dei tassi di interesse in USA e Canada ha condizionato la disponibilità di questa materia prima utile alla produzione del pellet: come? (fig 2)

 

 

L’aumento dei tassi di interesse ha portato su il costo dei mutui, che è raddoppiato negli ultimi 18 mesi e la richiesta di nuove abitazioni è diminuita in modo significativo (in USA e Canada il legno è ampiamente utilizzato per la realizzazione di abitazioni e mobili)  (fig 3)

 

Alla minore disponibilità del prodotto (che porta ad un inevitabile aumento dei prezzi) si aggiunge il maggiore costo del gasolio da autotrazione (in Italia ad esempio il costo del gasolio è aumentato del 25% in un anno e mezzo) e anche questo ha contribuito all’incremento del costo del pellet.

In ogni caso sono fenomeni destinati a rientrare in quanto il mercato immobiliare è ciclico e il gasolio vedrà certamente contrarsi il prezzo.

Se USA e Canada fanno insieme il 45% della produzione di pellet, Russia Bielorussia e Ucraina rappresentano un altro 15% della produzione mondiale e, la guerra che la Russia ha portato alla Ucraina, ha reso indisponibile il prodotto al suo naturale mercato di sbocco ovvero l’Europa occidentale. (fig 4)

 

ENPlus ha ritirato le certificazioni del pellet e comunque ci sono grossi problemi di produzione dovuti alla guerra.

Una rilevante quantità di pellet russo è passato attraverso la Turchia, bypassando le moratorie occidentali, e basta vedere il grafico delle esportazioni di pellet dalla Turchia per rendersi conto delle vendite “anomale” (fig. 5).

 

Non tutto però è andato nella direzione “incrementale”, alcuni fattori hanno infatti contributo a mitigare i fenomeni di crescita dei prezzi del pellet.Innanzitutto un inverno fino a tutto gennaio piuttosto mite con una conseguente domanda di riscaldamento minore. Questo ha contribuito ad incrementare le scorte allentando la pressione sui prezzi.

C’e’ stata poi una diminuzione del prezzo del gas naturale che, dopo i massimi raggiunti in Europa, sta ora calando sensibilmente, motivando così ad un uso maggiore del gas rispetto al pellet.

Inoltre la domanda debole da parte del Regno Unito di pellet industriale che serve ad alimentare gli impianti per la produzione di energia elettrica ha contribuito al raffreddamento dei prezzi.

Ma queste circostanze che hanno portato ad una attenuazione dei consumi potrebbero svanire, il freddo arrivare, gli impianti del Regno Unito tornare a pieno regime produttivo ed arrivare velocemente ad una nuova tensione dei prezzi.

In ogni caso senza il pellet russo, bielorusso e ucraino l’offerta di pellet globale è significativamente inferiore alla domanda, anche considerando il flusso di pellet russo in arrivo dalla Turchia.

Per far fronte a questo deficit serve tempo: un nuovo impianto di produzione richiede almeno 2 anni per essere operativo e nuovi investimenti in questa situazione di grande incertezza non sono facilmente programmabili, anche perché questo mercato non è caratterizzato da contratti di fornitura di lungo termine: cosa potrebbe succedere se la guerra terminasse e milioni di tonnellate di pellet russo, ucraino e bielorusso si riversassero sul mercato?

In questa condizione di incertezza c’e’ chi è stato veloce e ha colto l’opportunità: nella figura  l’aumento di importazioni e da parte del Sud Corea di pellet russo a basso prezzo mentre il pellet importato da USA e Canada dal Regno Unito è aumentato di 70 USD a ton rispetto alla media recente (fig 6 e 7).


 

Il 2022 è stato un anno straordinario, nel senso letterale della parola, ma il pellet è un prodotto oramai tanto usato sia a livello industriale che domestico (i volumi sono aumenti di 4 volte negli ultimi 10 anni) che c’e’ da essere sicuri che molto presto un nuovo equilibrio garantirà almeno altri 10 anni di nuovi successi.

 

 

Categoria di Biomassa: 
Pellet

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Pubblicato da Gianclaudio Iannace